Ordinanza del tribunale civile di Firenze del 29 giugno 2000
Fonti normative e documenti
Ordinanza del tribunale civile di Firenze del 29 giugno 2000
19.07.2000
La N.V. Sabena S.A., con sede in Belgio in av. E. Mounierlaan, Brussels,
ha chiesto provvedimento cautelare ex artt. 700 c.p.c., 63 R.D. 21/06/42,
n. 929.
Sosteneva di essere titolare di marchio internazionale ''Sabena'',
registrato l’08/10/93, valido anche in Italia e di avere, tra la fine del
1999 e l’inizio dell’anno successivo, deciso di pubblicizzare e
commercializzare i propri servizi in Italia anche attraverso un sito
internet, realizzato appositamente per l’utenza italiana.
Fra le regole adottare dalla Naming Aythority italiana figura il principio
first come, first served, per effetto del quale un determinato domain name
può essere registrato a nome di un unico soggetto, che ne diventa
detentore esclusivo, e viene assegnato in base alla priorità cronologica
della richiesta. Principio derivante in modo necessario dallo stesso
protocollo di comunicazione utilizzato da internet, basato su una sequenza
numerica univoca (IP number) tale da rendere possibile l’identificazione e
l’accesso del computer cui sia assegnato un determinato IP number alla
generalità di tutti gli altri computer connessi in rete. Per agevolare
l’utilizzo della rete, la navigazione, all’IP number è stato affiancato un
altro sistema, il DSN (Domain name System), basato sulle lettere
dell’alfabeto con le quali possono essere composte parole anche di senso
compiuto, quali nomi, denominazioni identificative di organizzazioni,
imprese, ecc..
In applicazione del principio first come, first served, la Registration
Authority italiana rigettava la domanda di registrazione del nome
formulata dalla ricorrente per attivare il proprio sito internet, in
quanto il nome a dominio www.sabena.it risultava già essere stato
assegnato in data 26/01/2000, alla agenzia A&A di Castellani Alessio.
Chiedeva quindi che venisse vietato alla predetta l’uso in qualsiasi
forma, anche sulla rete internet, del marchio ''Sabena'', vietando
l’utilizzazione del nome di dominio internet www.sabena.it; che le venisse
ordinato di rinuciare all’assegnazione del domain name www.sabena.it, con
fissazione di una penale per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del
provvedimento; in subordine, o nel caso di mancata spontanea ottemperanza,
ordinare alla Registration Authority italiana di revocare l’assegnazione
del domain name www.sabena.it alla Agenzia A&A di Castellani Alessio e
registrarlo a nome dela ricorrente.
Inaudita altera parte veniva emesso decreto con cui si inibiva a
Castellani Alessio l’utilizzo del nome di dominio da lui registrato
www.sabena.it.
Venivano ritualmente convocate le parti e l’Agenzia A&A di Castellani
Alessio si costituiva contestando in diritto quanto dedotto
dall’avversaria. Veniva quindi concesso ulteriore termine per il deposito
in cancelleria di memorie e repliche.
Punto nevralgico della decisione, nella presente sede cautelare, è lo
stabilire se esista nell’ordinamento italiano il diritto di registrare un
domain name corrispondente al proprio marchio, così tutelandolo,
pretermettendo ed estromettendo chi abbia già validamente registrato
quello stesso domain name in precedenza.
Le norme di internet costituiscono un ordinamento fondato su regole di
contenuto strettamente tecnico. Fra queste il ricorrente stesso ha
ricordato la regola dell’unicità del dominio ed il principio, adottato
dalle Autorità che provvedono alla registrazione dei nomi a dominio, del
first come, first served.
Non vi è dubbio che, in quanto genericamente attività umana, anche la
produzione e presentazione di pagine o siti sul web non sfugga a regole
dell’ordinamento giuridico generale, relative per es. all’ordine pubblico
o al buon costume, salve, naturalmente, le enormi difficoltà di attuazione
ed esecuzione di qualunque tutela, data la caratteristica costitutiva di
internazionalità della rete. Siti inneggianti al nazzismo, per esempio,
ben potrebbero essere considerati contrari all’ordine pubblico e
conseguentemente sanzionati. Ma, come si vede, ne deriverebbe
esclusivamente una questione di contenuti di un determinato sito web.
Cosa diversa, invece, è considerare lo stesso domain name, traduzione in
qualche modo testuale dell’IP number, come parte di una sfera individuale
tutelabile ovvero sanzionabile e, in ogni caso, giuridcamente rilevante.
Giurisprudenza e dottrina largamente maggioritarie hanno ritenuto in
effetti che tale debba essere considerata la registrazione di un dominio,
ritenendo conseguentemente applicabile la legge sui marchi, anche in sede
di cautela. La dottrina, tuttavia, ha di gran lunga prevalentemente
esaminato la questione partendo dalle posizioni della tutela del marchio
nel diritto industriale, dalle posizioni di impresa. La domanda che più
frequentemente risulta dai contributi presenti sullo steso web è: come può
essere tutelato il marchio anche su internet? E si è data una risposta nel
senso che sia possibile considerare il domain name parte integrante fra
gli elementi individuativi della persona, parte del patrimonio
personalitario.
Occorre invece, a questo punto, domandarsi se sia forse qualcosa di più
che insolito, strano, curioso o bizzarro che Registration Authority e
Naming Authority, gli organismi che consentono a internet di esistere e
svilupparsi, considerino invece il domain name alla stregua di un mero
indirizzo, un mero numero di telefono, sia pure tradotto in lettere
alfabetiche.
L’elemento funzionale, operativo, non sembra affatto poter essere
semplicemente obliterato. Il domain name è l’indirizzo internet di un
computer collegato alla rete. Le pagine del sito internet prodotte dal
soggetto che utilizza quel computer esporranno al pubblico l’attività di
quel soggetto, offriranno i suoi servizi on line, esibiranno la sua
denominazione.
Mediante il domain name solamente si raggiungerà quel sito, non
diversamente, si potrebbe opinare, da quanto avviene raggiungendo un certo
numero civico di una certa via per andare a trovare qualcuno o comporre un
numero di telefono per parlare con una data persona. Il beneficio di
potersi far raggiungere dall’utente-cliente digitando direttamente un nome
sulla form del browser è relativo e opinabile e non tale da rendere
comunque indefettibile e tutelabile la corrispondenza fra marchio e
dominio. L’utente esperto, infatti, sa perfettamente della possibile non
corrispondenza, in un’infinità di casi, fra dominio e marchio o
denominazione d’impresa esposti e corrispondenti al sito cui vuole
collegarsi. L’utente inesperto, che voglia comunque raggiungere il sito di
un’impresa determinata, per esempio per fruire dei suoi servizi on line,
potrà altrettanto se non più agevolmente reperirlo partendo da uno degli
innumerevoli portali oggi esistenti ovvero, come impone la normale
consultazione del web da quando questo esiste, attivando la ricerca da uno
dei numerosissimi motori. Ciò in quanto la visibilità e reperibilità di un
determinato sito internet è data essenzialmente dal suo contenuto, fra cui
anche il marchio e/o la denominazione d’impresa, non meno che dal domain
name.
E che corrispondenza fra marchio o denominazione di impresa non vi sia in
una infinità di casi è facilmente verificabile, appunto, con una semplice
ricerca su un apposito motore, come, per quanto attiene ad esempio al
comparto bancario, risulta manifesto per i siti del Banco Ambrosiano
Veneto (www.ambro.it), del Credito Italiano (www.credit.it), dell’Istituto
di Credito San Paolo di Torino (www.sanpaolo.it) e della Banca di Roma
(www.bancaroma.it), così come si può constatare dalle stampe che seguono.
In sostanza, la corrispondenza marchio-dominio, non è un bene assoluto,
non è un valore assoluto e, soprattutto, non è un principio positivamente
sancito nel nostro ordinamento, tanto che moltissime imprese, consce delle
possibilità che la rete offre ben al di là della corrispondenza di cui si
discute, puntano su altro, cioè sulla qualificazione e apprezzamento del
proprio sito, sui servizi offerti on line, sui collegamenti ad altri siti
e/o servizi comunque utili per l’utenza. Tanto che, proprio per regolare
il settore, sono stati recentemente predisposti dei disegni di legge già
presentati al Parlamento. Ma finché internet in Italia non è regolata,
normata ed in qualche modo inclusa nell’ordinamento giuridico generale,
questo Giudice è convinto che gli aspetti operativi, tecnici e logici
propri del Domain name System prevalgano sull’utilità che la singola
impresa può ricavare dalla corrispondenza nome-dominio; che tali aspetti
operativi, tecnici e logici assimilino più il domain name ad un indirizzo
che ad un segno identificativo di un soggetto. Questo Giudice è convinto,
in sostanza, che la funzione del Domain name System sia quella di
consentire a chiunque di raggiungere una pagina web e, in quanto mezzo
operativo e tecnico-logico, non può porsi per esso un problema di
violazione del marchio di impresa, della sua denominazione o dei suoi
segni distintivi.
È d’altra parte la natura interattiva di internet, la cui effettiva
dimensione non sembra essere stata ancora valutata a pieno, che desta
perplessità in relazione ai precedenti giurisprudenziali. Non si digita un
nome sulla form del browser di navigazione per arrivare ad ogni sito
desiderato come si cambia canale TV premendo un tasto, né si può
pretendere che la rete sia o che diventi così, date le sue proprie
caratteristiche di unicità del dominio ed il conseguente principio first
come, first served per la registrazione del domain name, che non è qui in
discussione. Soprattutto il processo di reperimento del sito non si può
pretendere che sia sempre e necessariamente diretto dall’esterno rispetto
all’utente, cioè dalle imprese che riuscissero, in ipotesi, tutte quante a
registrare il dominio corrispondente al proprio marchio. Il fumus non
sussiste, il ricorso dovrà essere rigettato, l’inibitoria concessa
revocata ed il ricorrente condannato alle spese del presente giudizio che
si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
visti gli artt. 669 septies, c.p.c
RIGETTA
il ricorso e per l’effetto revoca il proprio precedente decreto in data
12-13/04/00.
Pone le spese del presente procedimento, che liquida in complessive £
1.200.000, di cui £ 100.000 per spese
Firenze, lì 29/06/00.
Il Giudice
(Roberto Monteverde)