SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

ORDINANZA


(Presidente V. Giustiniani - Relatore A. Segreto)

1. Con citazione notificata il 10.11.1999, la (omissis), conveniva
davanti al tribunale di Lecce R.S. per sentirlo condannare al
risarcimento dei danni materiali e morali derivanti da un'assunta
illecita pubblicazione sulla rete Internet di un messaggio relativo
alla banca e definito dalla stessa diffamatorio.

Resisteva il R. eccependo l'incompetenza del tribunale adito in
favore di quello di Roma.

Il tribunale di Lecce, con sentenza depositata il 24.2.2001
dichiarava la propria incompetenza in favore del tribunale di Roma.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso la (omissis).

Ritiene questa Corte che vada dichiarata la competenza del Tribunale
di Lecce.

2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell'art. 20 c.p.c., sotto il profilo della completezza
dell'eccezione di incompetenza, non avendo la sentenza impugnata
rilevato che il convenuto non aveva fatto alcun riferimento al
criterio del luogo dove si e' prodotto il danno, bensi' solo al luogo
dove sarebbe stato commesso il fatto.

Ritiene questa Corte che la censura sia infondata.

Correttamente il giudice di merito ha rilevato che il R. non era
incorso in alcuna decadenza, in quanto ha articolato l'eccezione di
incompetenza, sia con riguardo al foro generale delle persone
fisiche, sia con riguardo ai fori facoltativi di cui all'art. 20
c.p.c.. In particolare, avendo sostenuto il convenuto, che non
sussisteva la competenza del tribunale di Lecce, poiche' il fatto non
era stato ivi commesso, ha chiaramente contestato la competenza di
quel giudice, quale quella del forum commissi delicti, divenendo poi
una questione che attiene alla fondatezza giuridica dell'eccezione
stabilire se per l'individuazione di detto foro debba tenersi conto
solo della condotta o dell'evento illeciti, ovvero del danno
conseguente agli stessi.

3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione dell'art. 20 c.p.c., sotto il profilo
dell'individuazione del forum commissi delicti e comunque l'erroneita'
e la contraddittorieta' della motivazione.

Ritiene la ricorrente che, dovendosi la competenza del foro
alternativo nelle obbligazioni da responsabilita' aquiliana
individuare con riferimento al luogo in cui si era verificato il
danno, tenuto conto che nella specie si trattava di danni causati da
espressioni diffamatorie trasmesse via Internet con un cosiddetto
newsgroup, questo danno si era verificato dovunque e segnatamente nel
luogo di domicilio della parte offesa.

4.1. Ritiene questa Corte che solo in parte possa condividersi detto
assunto.

La giurisprudenza prevalente ha affermato che l'obbligazione per
responsabilita' extracontrattuale sorge nel luogo in cui il fatto
produttivo di danno si verifica; e nella nozione di fatto rientra,
oltre al comportamento illecito, anche l'evento dannoso che ne deriva
e pertanto, qualora i due luoghi non coincidano, il forum delicti ex
art. 20 c.p.c., deve essere identificato con riguardo al luogo in cui
e' avvenuto l'evento (cfr. Cass. n. 6381 del 1991; Cass. n. 2648-69;
n. 570-76; n. 9635-87; 5625-89).

4.2. Il problema si pone in relazione ai fatti illeciti con eventi
dannosi territorialmente diffusi, sia pure tutti relativi allo stesso
soggetto, e, con riferimento al caso in esame, allorche' si tratti di
danno alla reputazione causato con mezzi di comunicazione di massa.

La consolidata ed univoca giurisprudenza di questa Corte regolatrice
la quale sostiene che, in tema di risarcimento di danno
extracontrattuale per lesione del diritto alla reputazione
conseguente alla pubblicazione di un articolo su stampa periodica,
territorialmente competente a decidere la causa a norma dell'art. 20
c.p.c. e', alternativamente, il giudice del luogo ove il quotidiano e'
stampato e dove la notizia diviene per la prima volta pubblica e
percio' idonea a pregiudicare l'altrui diritto (forum commissi
delitti), ovvero il giudice del luogo ove il danneggiante ha la
residenza o il domicilio (forum destinatae solutionis), essendo
l'obbligazione da fatto illecito un debito di valore il cui
adempimento va effettuato al domicilio che il debitore aveva al tempo
della scadenza (Cass. 11 aprile 2000, n. 4599; Cass. 1 giugno 1999,
n. 5299; Cass. n. 13042 del 1999; 16 maggio 1995, n, 5374; 29 marzo
1995, n. 3733; 22 maggio 1992, n. 6148; 23 ottobre 1991, n. 11269).

La corte ha ritenuto che per risolvere la questione bisogna tener
presenti i principali riferimenti normativi, costituiti dall'art.25
Cost.(inviolabilita' del giudice naturale), dall'art. 2043 C.C.
(clausola generale di responsabilita' aquiliana) e dall'art. 20 c.p.c.
(foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione).

Pertanto, in presenza di condotte illecite consumate mediante l'uso
di mezzi di comunicazione di massa (quali sono i periodici, destinati
per la loro natura alla diffusione sul l'intero territorio
nazionale), l'individuazione del giudice competente a decidere sul
preteso risarcimento del danno (e, quindi, il giudice del luogo in
cui e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio) non
puo' prescindere dall'esigenza di stabilire un principio , unico e
predeterminato, atto ad evitare che la parte offesa scelga di proprio
arbitrio il giudice innanzi al quale chiamare il presunto autore del
fatto lesivo.

4.3. Sulla scorta di tali premesse, l'orientamento giurisprudenziale
sopra menzionato rileva che l'evento dannoso, allorquando consista
nella lesione di diritti della personalita', non puo' ritenersi
localizzato esclusivamente nel luogo dove il titolare del diritto
leso ha il suo domicilio - inteso come luogo nel quale egli
intrattiene le principali relazioni sociali e professionali - ma deve
considerarsi verificato in tutti i luoghi in cui la pubblicazione
viene diffusa.

La diffusione dell'evento su tutto il territorio impone, allora, di
ancorare la scelta della competenza ad un luogo certo e ben
individuato, la cui identificazione prescinda dall'accertamento di
elementi variabili, quali sono il domicilio del danneggiato, che
potrebbe in ipotesi mutare nell'intervallo intercorrente tra il
verificarsi del fatto illecito e la proposizione dell'azione. Questo
luogo certo altro non puo' essere se non quello in cui il periodico e'
pubblicato, atteso che quello e' il luogo nel quale la notizia
stampata diviene per la prima volta pubblica e percio' idonea a
pregiudicare l'altrui diritto.

5.1. Indipendentemente dalla condivisibilita' di tali principi in tema
di diffamazione commessa a mezzo della stampa, allorche' l'offesa alla
reputazione e' realizzata attraverso un sito o un newsgoup Internet,
ritiene questa Corte che non possano essere applicati gli stessi
principi. Qualora l'agente immetta il messaggio in rete, utilizzando
uno spazio web, e quindi creando un sito, ovvero utilizzando un cd.
newsgroup, (che e', in buona sostanza, un forum a cui possono accedere
tutti gli iscritti) come nella fattispecie, la comunicazione deve
ritenersi effettuata verso tutti i possibili visitatori del sito o i
partecipanti del newsgroup.

Sennonche' la immissione in rete non costituisce ancora evento di
offesa alla reputazione, che si avra' solo allorche' i visitatori
entreranno nel sito ovvero i partecipanti del newsgroup leggeranno la
comunicazione.

5.2. Ne' si puo' ritenere che la sola idoneita' della notizia a ledere
l'altrui diritto, integri l'evento offensivo di per se': detta
idoneita' dell'atto attiene ancora alla condotta e non all'evento.

Cio' e' stato chiaramente rilevato da questa Corte in sede penale
(Cass. pen., Sez. 5°, 27.12.2000, n. 4741), che ha osservato che "nel
caso in cui l'offesa venga arrecata tramite Internet, l'evento appare
temporalmente oltre che concettualmente ben differenziato dalla
condotta. Ed invero, in primo luogo, si avra' l'inserimento in "rete"
da parte dell'agente, degli scritti offensivi e/o immagini
denigratorie, e solo in un secondo momento (a distanza di secondi,
minuti, ore o giorni) i terzi, connettendosi con il "sito" e
percependo il messaggio, consentiranno la verificazione dell'evento.
Tanto cio' e' vero che, nel caso in esame sono bene immaginabili sia il
tentativo (l'evento non si verifica perche' in ipotesi, per qualsiasi
ragione, nessuno "visita" quel "sito"), sia il reato impossibile
(l'azione e' inidonea , perche' ad esempio, l'agente fa uso di uno
strumento difettoso, che solo apparentemente gli consente l'accesso
ad uno spazio web, mentre in realta' il suo messaggio non e' mai stato
immesso in rete)".

5.3. Da cio' consegue che il luogo in cui si e' verificato l'evento
offensivo andrebbe individuato come quello in cui il primo visitatore
abbia letto la notizia offensiva.

Sennonche' cio' gia' in astratto diventa di difficilissima, se non di
impossibile, individuazione, contrariamente a quanto avviene in tema
di offesa arrecata attraverso la stampa. In quest'ultimo caso,
infatti la piu' risalente giurisprudenza penale, che si pone
all'origine dell'orientamento secondo cui il luogo della stampa e'
luogo in cui e' verificato l'evento, si fonda sul rilievo che il
semplice deposito presso gli organi competenti degli esemplari
previsti dalla l. 2.2.1939,n. 374 rappresenta una forma di
pubblicazione dello stampato sufficiente a determinare la
responsabilita' dell'autore dello scritto a titolo di diffamazione a
mezzo stampa, per le offese in esso contenute, in quanto tale
deposito realizza una forma di diffusione degli addebiti ed inoltre
in quel luogo vi e' anche la diffusione delle notizie presso gli
addetti alla stampa (Cass. pen. 1.3.1972, I.; Cass. pen. 21.5.1974,
F).

6.1. Sennonche' tali ultime argomentazioni, valide in tema di
responsabilita' penale, che - nei reati cd. di evento - sorge con
l'evento di lesione del bene giuridicamente protetto, non possono
essere trasferite in sede di risarcimento dei danni da responsabilita'
aquiliana, per espressioni offensive contenute in un sito Internet.

Anzitutto, in questo caso il provider mette a disposizione
dell'utilizzatore, uno spazio web, allocato presso un suo server, ma
l'inserimento dei dati in questo spazio, non dipende da alcuna
ulteriore attivita' del provider ne' di altro soggetto, che si trovi
presso il provider o presso il server, ma esclusivamente
dall'attivita' dell'utilizzatore stesso.

Ne consegue che il luogo in cui si verifica l'evento di offesa alla
reputazione e', in astratto, quello in cui e' avvenuta la
prima "visita" del sito o lettura della comunicazione inoltrata nelle
pagine web riservate al "newsgroup" ( e cio' e' gia' di difficile, se
non di impossibile individuazione per il danneggiato).

6.2. Inoltre, e soprattutto, vertendosi in tema di responsabilita'
civile e non penale, la prima sorge allorche' e' integrata la
fattispecie prevista dall'art. 2043 c.c., ed e' proprio detta norma
che pone l'evento di danno, quale elemento essenziale per il sorgere
dell'obbligazione risarcitoria.

A tal fine va osservato che secondo la prevalente dottrina e
giurisprudenza, anche costituzionale (Corte Cost. n. 184 del 1986;
Corte Cost. n. 372 del 1994) il danno risarcibile, di cui all'art.
2043 c.c., essendo un danno conseguenza, come anche il danno morale
di cui all'art. 2059 c.c., non si identifica ontologicamente con
l'evento illecito, ma e' di esso conseguenza.

Pertanto esso puo' verificarsi anche successivamente, e come tale, non
necessariamente nel luogo dell'evento illecito, generatore del danno
civile.

Allorche' si adopera la locuzione forum commissi delicti, ci si lascia
influenzare da una visione penalistica della competenza, per la quale
essa coincide con il luogo in cui il delitto si e' consumato e cioe',
nei reati di evento, con il luogo in cui tale evento si e' realizzato
e, quindi il reato si e' consumato, poiche' in tal luogo si e'
verificata la lesione dell'interesse tutelato.

In tema di responsabilita' aquiliana, invece, il cosiddetto "evento
dannoso", se lo si intende quale evento, conseguente alla condotta e
quindi generatore del danno, rientra ancora nel fatto illecito
(vedasi punto 4.1.) e quindi, come tale, da solo (in assenza del
successivo danno) non e' idoneo a generare responsabilita' aquiliana.

Il fatto illecito, in assenza di danno, non da' luogo ad alcuna
responsabilita' aquiliana.

Se lo si intende quale "evento di danno", esso si e' risarcibile ed e'
quindi perfezionata l'obbligazione risarcitoria, ma e' solo una
conseguenza dell'evento illecito (inteso quale ultima parte del piu'
complesso fatto illecito).

Sennonche', in questo caso, "evento di danno" altro non significa che
danno patrimoniale effettivamente verificatosi per il fatto illecito
consumato, e non solo potenzialita' di danno. Il discorso e' analogo
per il danno morale di cui all'art. 2059 c.c.

6.3. Solo nelle ipotesi in cui il danno attenga anche ad un diritto
inviolabile della persona umana, costituzionalmente garantito (art. 2
Cost.), come il danno biologico o anche lo stesso danno alla
reputazione della persona umana in quanto tale (e non alla
reputazione professionale, che costituisce un danno patrimoniale),
oltre al danno morale ed al danno patrimoniale (tipici danni
conseguenza), si puo' avere un cd. danno-evento (cfr. Cass. 10.5.2001,
n. 6507).

Da cio' consegue che, in una rigorosa applicazione sia dell'art. 2043
c.c. (allorche' attiene a danni patrimoniali) che dell'art. 2059 c.c.,
poiche' non ci puo' essere obbligazione se non vi e' danno risarcibile e
poiche' il danno risarcibile non si identifica con l'evento illecito
generatore del danno (che e' solo una componente - insieme alla
condotta ed al nesso di causalita' - del fatto illecito), il luogo in
cui e' sorta l'obbligazione e' il luogo in cui si e' verificato detto
danno, patrimoniale o morale, conseguente al fatto illecito.

Solo nel caso di danno-evento, subito da una persona umana, (nella
fattispecie: offesa alla reputazione personale, e non a quella
professionale - cfr. Cass. n. 6507/2001) il luogo dell'evento
illecito coincide con quello del predetto danno, mentre per il danno
patrimoniale e per quello morale, detta coincidenza non e' egualmente
automatica.

6.4. Ne' questa interpretazione puo' essere sospettata di
incostituzionalita' in relazione all'art. 25 Cost., in tema di giudice
naturale, poiche' essa non e' altro che l'individuazione del giudice
territorialmente competente (come foro facoltativo), ai sensi
dell'art. 20 c.p.c..

Come ha statuito la Corte costituzionale (ord. 20 maggio 1998, n.
176), il principio della precostituzione per legge del giudice
naturale e' leso soltanto quando il giudice e' designato in modo
arbitrario e "a posteriori", oppure direttamente dal legislatore in
via di eccezione singolare alle regole generali, ovvero attraverso
atti di soggetti ai quali sia attribuito il relativo potere in
violazione della riserva assoluta di legge stabilita dall'art. 25
comma 1 Cost., ma non anche qualora l'identificazione del giudice
competente sia operata dalla legge sulla scorta di criteri dettati
preventivamente, oppure con riferimento ad elementi oggettivi capaci
di costituire un "discrimen" della competenza o della giurisdizione
dei diversi organi giudicanti.

Nel precetto dell'art. 25 Cost. non vi e' anche quello dell'unicita'
del giudice competente a decidere, ma solo della precostituzione di
esso in base ad elementi oggettivi, altrimenti la previsione di fori
facoltativi, di cui all'art. 20 C.P.C., gia' in astratto, sarebbe
incostituzionale, poiche' essa prevede almeno altri due giudici
competenti territorialmente (quello del forum destinatae solutionis e
quello del forum commissi delicti), oltre quello del foro generale di'
cui agli artt. 18 e 19 C.P.C., rimettendo la scelta del giudice da
adire all'attore.

Da cio' consegue che, qualora dall'applicazione dei principi in tema
di individuazione del forum commissi delicti, per le peculiarita'
della fattispecie, siano piu' i giudici territorialmente competenti,
cio' non determina l'incostituzionalita' dell'art. 20 c.p.c., in parte
qua, (o meglio della norma come interpretata, sotto il profilo del
diritto vivente, che dia luogo a questa conseguenza), anche se non
puo' disconoscersi l'opportunita' di saggiare la validita' di altre
possibili interpretazioni che detto inconveniente evitino.

6.5. Nella fattispecie, poiche' il danno e' stato lamentato da una
persona giuridica, e quindi non poteva che trattarsi -in ipotesi- di
danno patrimoniale e danno morale (ed in questi termini e' stata
proposta la domanda), essendo questi danni-conseguenze,
l'obbligazione e' sorta esclusivamente allorche' i predetti danni si
sono verificati, sia pure quale conseguenza dell'evento diffamatorio,
e quindi l'obbligazione e' sorta nel luogo in cui, si e' verificato
l'impoverimento (Cass. 5 giugno 1991, n. 6381) o si e' verificato il
danno morale.

Cio' comporta, che salva diversa situazione fattuale prospettata dal
danneggiato con la sua domanda (ipotesi non ricorrente nella
fattispecie) , detti danni, se sussistenti, si sono verosimilmente
prodotti nel luogo del domicilio del soggetto offeso.

Infatti il danno risarcibile diventa concreto con riferimento agli
effetti del discredito che derivano all'offeso danneggiato nel suo
ambiente prima e piu' che altrove.

7.1. Le diverse possibili interpretazioni "del luogo in cui e' sorta
l'obbligazione" risarcitoria per fatto illecito consumato tramite
offesa alla reputazione in un sito o newsgroup Internet non sono
sostenibili, a parere di questa Corte.

Anzitutto non e' sostenibile quella prospettata dal giudice di merito,
secondo cui, poiche' non puo' accertarsi dove il primo visitatore abbia
visitato il sito, il foro in questione, per illeciti via Internet,
non sarebbe applicabile.

Questa soluzione infatti costituisce in pratica un'interpretazione
abrogante della norma, in ipotesi di danni da offese alla reputazione
tramite Internet.

7.2. Ne' e' sostenibile che la pubblicazione della notizia vada
correlata all'allocazione della stessa, che viene effettuata sul
server del provider.

Infatti, a parte il rilievo che il provider, anche se con sede in
Italia, puo' avere servers in ogni posto del mondo e che non e' dato
sapere, quanto meno dal danneggiato, su quale server sia stata
allocata la notizia, proprio per quanto sopra detto, l'immissione
della notizia sul server e' attivita' che compie il danneggiante
offensore, e finche', non viene visitata da terzi, nessuno la conosce.
Pertanto secondo questa ipotesi di interpretazione si finirebbe per
aver un'obbligazione di risarcimento, per una notizia diffamatoria
che, fino alla prima visita del sito, conosce solo l'agente. Infine,
come gia' detto, non puo' sostenersi l'equazione tra idoneita' della
notizia a ledere l'altrui diritto alla reputazione e la lesione
effettiva della stessa ed, inoltre, dei conseguenti danni
patrimoniale e morale.

7.3. Neppure puo' ritenersi, come sostenuto da qualche giudice di
merito e da una parte della dottrina, che, tenuto conto del sistema
di diffusione della notizia via Internet, la lesione del diritto deve
ritenersi verificata in tutti i luoghi in cui la diffusione della
notizia avviene, per cui, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., deve
considerarsi competente ciascun giudice del luogo in cui si e'
verificata la divulgazione medesima, idonea a pregiudicare l'altrui
diritto.

Infatti questa tesi, a parte il vizio di origine di identificare il
danno risarcibile ex artt. 2043 e 2059 c.c. con l'evento lesivo della
reputazione (il che, se e' esatto per il danno-evento alla persona
fisica, nei limiti sopra trattati, non lo e' per il danno patrimoniale
e per il danno morale, tipici danni-conseguenze), incorre nel grave
inconveniente di rendere estremamente "ambulante" la competenza
territoriale, attribuendo all'attore una discrezionalita' tale da
sfociare in una liberta' assoluta, oppure - a contrariis - di rendere
praticamente impossibile a quest'ultimo di provare che effettivamente
il luogo indicato sia quello dove vi sia stata la prima "visita" del
sito da parte di uno degli indeterminati potenziali "visitatori".

L'esigenza di evitare cio' e quella, gia' avvertita da questa Corte in
tema di danni alla reputazione commessi attraverso la stampa, di
fissare un criterio certo al fine di individuare un giudice unico in
tema di risarcimento del danno, basato sul luogo in cui e' sorta
l'obbligazione (ai sensi dell'art. 20 c.p.c., rimanendo fermi -
ovviamente - l'altro foro facoltativo di cui allo stesso articolo ed
i fori generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c.), rimangono
soddisfatte dall'individuazione di tale competenza con quella del
luogo in cui ha il domicilio il soggetto che ha subito i predetti
danni patrimoniali e morali, proprio perche', essendo il domicilio "la
sede principale degli affari e degli interessi" (art. 43, c.1, c.c.)
e' quello il luogo "principale" in cui si sono verificati gli effetti
negativi dell'offesa alla reputazione.

A tal fine va osservato che e' irrilevante l'obiezione che detto
domicilio puo' mutare tra il momento in cui si e' verificato l'evento
(rectius: il danno) ed il momento in cui e' proposta la domanda.
Infatti cio' che conta e' esclusivamente il domicilio del soggetto
offeso al momento in cui e' sorta l'obbligazione, poiche' e' in quel
momento che si e' prodotto il danno.

Se contemporaneamente e' richiesto il risarcimento del danno morale e
patrimoniale, oltre che del danno-evento dell'offesa alla reputazione
personale effettuata tramite un sito o un newsgroup di Internet, la
competenza territoriale rimane quella in cui si sono verificati i
primi due e cioe' il domicilio dell'offeso-danneggiato, per i principi
dell'unitarieta' del diritto al risarcimento del danno e del suo
riflesso processuale dell'ordinaria infrazionabilita' del giudizio di
liquidazione (Cass. n. 10702/1998 ).

8.1. L'interpretazione suddetta risponde a criteri che si pongono in
armonia con quelli che, sebbene adottati dal legislatore per altre
fattispecie e tali da escludere l'ipotizzabilita' di
un'interpretazione analogica, tuttavia presentano indubbi punti di
contatto con quella in esame.

Con riferimento al criterio del "luogo in cui l'evento dannoso e'
avvenuto", utilizzato dall'art. 5 n. 3 della convenzione di Lugano 16
settembre 1988 sulla giurisdizione, ratificata dalla l.10 febbraio
1992 n.198 - analogo all'art. 5 n. 3 della convenzione di Bruxelles
del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e
l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale - la
giurisdizione in ordine ad una domanda di risarcimento dei danni
conseguenti ad una diffamazione internazionale a mezzo stampa
appartiene, oltre che al giudice dello Stato del convenuto
responsabile dell'illecito, anche al giudice del domicilio del
danneggiato o del luogo ove questi sostenga di aver subito un
pregiudizio alla sua reputazione, quando la pubblicazione sia
distribuita in questo Stato (Cass. S.U. 27 ottobre 2000, n. 1141;
Corte giustizia comunita' Europee, 7 marzo 1995, n. 68; Parti in causa
S. e altro c. Soc.(omissis).

A tal fine va rilevato, anzitutto che, contrariamente a quanto
sostenuto dalla sentenza impugnata, la nozione di "materia di delitti
o quasi-delitti" di cui all'art. 5, n. 3, della convenzione di
Bruxelles 27 settembre 1968 va considerata come nozione autonoma
comprendente ogni azione che verte sulla responsabilita' del convenuto
e che non si ricollega alla "materia contrattuale" ai sensi dell'art.
5, n. 1, della convenzione (Corte giustizia comunita' Europee, 27
settembre 1988, Parti in causa K. c. (omissis).

8.2. Inoltre le S.U. di questa corte hanno ritenuto che nell'ipotesi
di delitti e quasi delitti, per "luogo in cui l'evento dannoso e'
avvenuto" ai sensi dell'art. 5 n. 3, della convenzione di Bruxelles,
deve intendersi anche quello in cui si determina l'evento danno e
quindi l'impoverimento patrimoniale del soggetto che si pretende leso
(Cass. civ., sez. un., 9 giugno 1995, n. 6499).

9.1. Un ulteriore argomento di sostegno dell'interpretazione
prospettata si puo' trarre dai commi quarto e quinto dell'art.30 della
legge n. 223 del 1990 (disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato), che ha individuato, con esclusivo riferimento ai
reati di diffamazione commessi attraverso l'impiego del mezzo
radiotelevisivo, il giudice territorialmente competente in quello del
luogo di residenza della persona offesa, allorquando venga a
quest'ultima attribuito un fatto determinato.

Il Giudice delle Leggi, nel pronunciarsi per la legittimita'
costituzionale di tale differente regolamentazione (Corte cost. n. 42
del 23 gennaio 1996), ha trovato la sua giustificazione nella
particolare natura, forza e diffusivita' del mezzo impiegato e
nell'esigenza d'attenuare l'evidente squilibrio delle posizioni che,
nell'azione diffamatoria consistente nell'attribuzione di un fatto
determinato, e' dato constatare tra chi commette il reato e chi si
trova, invece, a subirne le conseguenze lesive; sicche',
l'individuazione del giudice competente con riferimento al luogo di
residenza della persona offesa (anziche' al luogo di consumazione del
reato, come prescritto dal primo comma dell'art. 8 c.p.p.) appare
giustificata in quanto strumento destinato a rendere piu' agevole la
possibilita' di reazione del soggetto leso che, presso il giudice del
luogo della propria residenza, sara' in grado di attivarsi a difesa
della propria reputazione, con minore dispendio di tempo e di risorse
economiche. Peraltro, il giudice del luogo di residenza della persona
offesa puo' ritenersi l'organo piu' idoneo al giudizio, in relazione
alla sua presumibile vicinanza con il luogo di svolgimento di quei
fatti determinati, la cui attribuzione integra il reato di
diffamazione aggravata. Infine, nell'ipotesi di accertata sussistenza
dell'azione diffamatoria, la sentenza di condanna, ove adottata nel
luogo di residenza del soggetto leso, sara' in grado di avere una
maggiore efficacia riparatoria, collegata alla piu' ampia conoscenza
che la stessa sentenza potra' ottenere nell'ambiente sociale
normalmente frequentato da tale soggetto.

9.2. Ne' si puo' ritenere che proprio questo speciale intervento del
legislatore dimostri come, senza una specifica disposizione in
materia civile, sia impossibile giungere all'interpretazione, qui
sostenuta dell'art. 20 c.p.c. (cfr. Cass. n. 13042 del 1999).

Infatti l'intervento del legislatore era necessario nell'ambito
processualpenalistico, in quanto, stanti i principi che presiedono
alla competenza penale, essa va determinata con riferimento al luogo
in cui il delitto si e' consumato e quindi, nei reati di evento, al
luogo in cui l'evento si e' verificato (art. 8 c.p.p.).

In materia civile, invece, il luogo rilevante, ai fini del sorgere
dell'obbligazione risarcitoria da fatto illecito, e quindi del foro
facoltativo di cui all'art. 20 c.p.c., non e' il luogo dell'evento
illecito ma il luogo del danno conseguente ( o se si vuole del
successivo evento di danno), per cui proprio dal coordinamento
dell'art. 20 c.p.c. e degli artt. 2043 e 2059 c.c., si giunge alla
suddetta interpretazione, senza la necessita' di un ulteriore
intervento legislativo.

9. Pertanto, poiche' il luogo del domicilio dell'attrice, che assume
di aver subito danni patrimoniali e danni morali dalle espressioni,
assunte come offensive ed attribuite al convenuto nell'ambito di
newsgroup posto in Internet, e' Lecce, competente territorialmente a
decidere la causa e' il tribunale di Lecce.

Esistono giusti motivi, attesa la novita' della questione, per
compensare per intero tra le parti le spese di questo giudizio di
cassazione.

PER QUESTI MOTIVI

Dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Lecce. Compensa
per intero tra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.