Ordinanza n. 6591 dell'8 maggio 2002.Sezione Terza Civile -
 Presidente V. Giustiniani - Relatore A. Segreto.

 COMPETENZA TERRITORIALE - LUOGO DOVE SI E' PRODOTTO IL DANNO CAUSATO
 DA MESSAGGIO DIFFAMATORIO DIFFUSO VIA INTERNET

 1. Con citazione notificata il 10.11.1999, la (omissis), conveniva
 davanti al tribunale di Lecce R.S. per sentirlo condannare al risarcimento
 dei danni materiali e morali derivanti da un'assunta illecita
pubblicazione
 sulla rete Internet di un messaggio relativo alla banca e definito dalla
 stessa diffamatorio.

 Resisteva il R. eccependo l'incompetenza del tribunale adito in
favore
 di quello di Roma.

 Il tribunale di Lecce, con sentenza depositata il 24.2.2001
dichiarava
 la propria incompetenza in favore del tribunale di Roma.

 Avverso questa sentenza ha proposto ricorso la (omissis).

 Ritiene questa Corte che vada dichiarata la competenza del Tribunale
 di Lecce.

 2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa
 applicazione dell'art. 20 c.p.c., sotto il profilo della completezza
 dell'eccezione di incompetenza, non avendo la sentenza impugnata rilevato
 che il convenuto non aveva fatto alcun riferimento al criterio del luogo
 dove si e' prodotto il danno, bensi' solo al luogo dove sarebbe stato
commesso
 il fatto.

 Ritiene questa Corte che la censura sia infondata.

 Correttamente il giudice di merito ha rilevato che il R. non era
 incorso in alcuna decadenza, in quanto ha articolato l'eccezione di
 incompetenza, sia con riguardo al foro generale delle persone fisiche, sia
 con riguardo ai fori facoltativi di cui all'art. 20 c.p.c.. In
particolare,
 avendo sostenuto il convenuto, che non sussisteva la competenza del
 tribunale di Lecce, poiche' il fatto non era stato ivi commesso, ha
 chiaramente contestato la competenza di quel giudice, quale quella del
forum
 commissi delicti, divenendo poi una questione che attiene alla fondatezza
 giuridica dell'eccezione stabilire se per l'individuazione di detto foro
 debba tenersi conto solo della condotta o dell'evento illeciti, ovvero del
 danno conseguente agli stessi.

 3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la
 violazione e falsa applicazione dell'art. 20 c.p.c., sotto il profilo
 dell'individuazione del forum commissi delicti e comunque l'erroneita' e la
 contraddittorieta' della motivazione.

 Ritiene la ricorrente che, dovendosi la competenza del foro
 alternativo nelle obbligazioni da responsabilita' aquiliana individuare con
 riferimento al luogo in cui si era verificato il danno, tenuto conto che
 nella specie si trattava di danni causati da espressioni diffamatorie
 trasmesse via Internet con un cosiddetto newsgroup, questo danno si era
 verificato dovunque e segnatamente nel luogo di domicilio della parte
 offesa.

 4.1. Ritiene questa Corte che solo in parte possa condividersi detto
 assunto.

 La giurisprudenza prevalente ha affermato che l'obbligazione per
 responsabilita' extracontrattuale sorge nel luogo in cui il fatto
produttivo
 di danno si verifica; e nella nozione di fatto rientra, oltre al
 comportamento illecito, anche l'evento dannoso che ne deriva e pertanto,
 qualora i due luoghi non coincidano, il forum delicti ex art. 20 c.p.c.,
 deve essere identificato con riguardo al luogo in cui e' avvenuto l'evento
 (cfr. Cass. n. 6381 del 1991; Cass. n. 2648-69; n. 570-76; n. 9635-87;
 5625-89).

 4.2. Il problema si pone in relazione ai fatti illeciti con eventi
 dannosi territorialmente diffusi, sia pure tutti relativi allo stesso
 soggetto, e, con riferimento al caso in esame, allorche' si tratti di danno
 alla reputazione causato con mezzi di comunicazione di massa.

 La consolidata ed univoca giurisprudenza di questa Corte regolatrice
 la quale sostiene che, in tema di risarcimento di danno extracontrattuale
 per lesione del diritto alla reputazione conseguente alla pubblicazione di
 un articolo su stampa periodica, territorialmente competente a decidere la
 causa a norma dell'art. 20 c.p.c. e', alternativamente, il giudice del
luogo
 ove il quotidiano e' stampato e dove la notizia diviene per la prima volta
 pubblica e percio' idonea a pregiudicare l'altrui diritto (forum commissi
 delitti), ovvero il giudice del luogo ove il danneggiante ha la residenza
o
 il domicilio (forum destinatae solutionis), essendo l'obbligazione da
fatto
 illecito un debito di valore il cui adempimento va effettuato al domicilio
 che il debitore aveva al tempo della scadenza (Cass. 11 aprile 2000, n.
 4599; Cass. 1 giugno 1999, n. 5299; Cass. n. 13042 del 1999; 16 maggio
1995,
 n, 5374; 29 marzo 1995, n. 3733; 22 maggio 1992, n. 6148; 23 ottobre 1991,
 n. 11269).

 La corte ha ritenuto che per risolvere la questione bisogna tener
 presenti i principali riferimenti normativi, costituiti dall'art.25
 Cost.(inviolabilita' del giudice naturale), dall'art. 2043 C.C. (clausola
 generale di responsabilita' aquiliana) e dall'art. 20 c.p.c. (foro
 facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione).

 Pertanto, in presenza di condotte illecite consumate mediante l'uso
di
 mezzi di comunicazione di massa (quali sono i periodici, destinati per la
 loro natura alla diffusione sul l'intero territorio nazionale),
 l'individuazione del giudice competente a decidere sul preteso
risarcimento
 del danno (e, quindi, il giudice del luogo in cui e' sorta o deve eseguirsi
 l'obbligazione dedotta in giudizio) non puo' prescindere dall'esigenza di
 stabilire un principio , unico e predeterminato, atto ad evitare che la
 parte offesa scelga di proprio arbitrio il giudice innanzi al quale
chiamare
 il presunto autore del fatto lesivo.

 4.3. Sulla scorta di tali premesse, l'orientamento giurisprudenziale
 sopra menzionato rileva che l'evento dannoso, allorquando consista nella
 lesione di diritti della personalita', non puo' ritenersi localizzato
 esclusivamente nel luogo dove il titolare del diritto leso ha il suo
 domicilio - inteso come luogo nel quale egli intrattiene le principali
 relazioni sociali e professionali - ma deve considerarsi verificato in
tutti
 i luoghi in cui la pubblicazione viene diffusa.

 La diffusione dell'evento su tutto il territorio impone, allora, di
 ancorare la scelta della competenza ad un luogo certo e ben individuato,
la
 cui identificazione prescinda dall'accertamento di elementi variabili,
quali
 sono il domicilio del danneggiato, che potrebbe in ipotesi mutare
 nell'intervallo intercorrente tra il verificarsi del fatto illecito e la
 proposizione dell'azione. Questo luogo certo altro non puo' essere se non
 quello in cui il periodico e' pubblicato, atteso che quello e' il luogo nel
 quale la notizia stampata diviene per la prima volta pubblica e percio'
 idonea a pregiudicare l'altrui diritto. ,

 5.1. Indipendentemente dalla condivisibilita' di tali principi in
tema
 di diffamazione commessa a mezzo della stampa, allorche' l'offesa alla
 reputazione e' realizzata attraverso un sito o un newsgoup Internet,
ritiene
 questa Corte che non possano essere applicati gli stessi principi. Qualora
 l'agente immetta il messaggio in rete, utilizzando uno spazio web, e
quindi
 creando un sito, ovvero utilizzando un cd. newsgroup, (che e', in buona
 sostanza, un forum a cui possono accedere tutti gli iscritti) come nella
 fattispecie, la comunicazione deve ritenersi effettuata verso tutti i
 possibili visitatori del sito o i partecipanti del newsgroup.

 Sennonche' la immissione in rete non costituisce ancora evento di
 offesa alla reputazione, che si avra' solo allorche' i visitatori entreranno
 nel sito ovvero i partecipanti del newsgroup leggeranno la comunicazione.

 5.2. Ne' si puo' ritenere che la sola idoneita' della notizia a ledere
 l'altrui diritto, integri l'evento offensivo di per se': detta idoneita'
 dell'atto attiene ancora alla condotta e non all'evento.

 Cio' e' stato chiaramente rilevato da questa Corte in sede penale
(Cass.
 pen., Sez. 5°, 27.12.2000, n. 4741), che ha osservato che "nel caso in cui
 l'offesa venga arrecata tramite Internet, l'evento appare temporalmente
 oltre che concettualmente ben differenziato dalla condotta. Ed invero, in
 primo luogo, si avra' l'inserimento in "rete" da parte dell'agente, degli
 scritti offensivi e/o immagini denigratorie, e solo in un secondo momento
(a
 distanza di secondi, minuti, ore o giorni) i terzi, connettendosi con il
 "sito" e percependo il messaggio, consentiranno la verificazione
 dell'evento. Tanto cio' e' vero che, nel caso in esame sono bene
immaginabili
 sia il tentativo (l'evento non si verifica perche' in ipotesi, per
qualsiasi
 ragione, nessuno "visita" quel "sito"), sia il reato impossibile (l'azione
e'
 inidonea , perche' ad esempio, l'agente fa uso di uno strumento difettoso,
 che solo apparentemente gli consente l'accesso ad uno spazio web, mentre
in
 realta' il suo messaggio non e' mai stato immesso in rete)".

 5.3. Da cio' consegue che il luogo in cui si e' verificato l'evento
 offensivo andrebbe individuato come quello in cui il primo visitatore
abbia
 letto la notizia offensiva.

 Sennonche' cio' gia' in astratto diventa di difficilissima, se non di
 impossibile, individuazione, contrariamente a quanto avviene in tema di
 offesa arrecata attraverso la stampa. In quest'ultimo caso, infatti la piu'
 risalente giurisprudenza penale, che si pone all'origine dell'orientamento
 secondo cui il luogo della stampa e' luogo in cui e' verificato l'evento, si
 fonda sul rilievo che il semplice deposito presso gli organi competenti
 degli esemplari previsti dalla l. 2.2.1939,n. 374 rappresenta una forma di
 pubblicazione dello stampato sufficiente a determinare la responsabilita'
 dell'autore dello scritto a titolo di diffamazione a mezzo stampa, per le
 offese in esso contenute, in quanto tale deposito realizza una forma di
 diffusione degli addebiti ed inoltre in quel luogo vi e' anche la
diffusione
 delle notizie presso gli addetti alla stampa (Cass. pen. 1.3.1972, I.;
Cass.
 pen. 21.5.1974, F).

 6.1. Sennonche' tali ultime argomentazioni, valide in tema di
 responsabilita' penale, che - nei reati cd. di evento - sorge con l'evento
di
 lesione del bene giuridicamente protetto, non possono essere trasferite in
 sede di risarcimento dei danni da responsabilita' aquiliana, per
espressioni
 offensive contenute in un sito Internet.

 Anzitutto, in questo caso il provider mette a disposizione
 dell'utilizzatore, uno spazio web, allocato presso un suo server, ma
 l'inserimento dei dati in questo spazio, non dipende da alcuna ulteriore
 attivita' del provider ne' di altro soggetto, che si trovi presso il
provider
 o presso il server, ma esclusivamente dall'attivita' dell'utilizzatore
 stesso.

 Ne consegue che il luogo in cui si verifica l'evento di offesa alla
 reputazione e', in astratto, quello in cui e' avvenuta la prima "visita" del
 sito o lettura della comunicazione inoltrata nelle pagine web riservate al
 "newsgroup" ( e cio' e' gia' di difficile, se non di impossibile
individuazione
 per il danneggiato).

 6.2. Inoltre, e soprattutto, vertendosi in tema di responsabilita'
 civile e non penale, la prima sorge allorche' e' integrata la fattispecie
 prevista dall'art. 2043 c.c., ed e' proprio detta norma che pone l'evento
di
 danno, quale elemento essenziale per il sorgere dell'obbligazione
 risarcitoria.

 A tal fine va osservato che secondo la prevalente dottrina e
 giurisprudenza, anche costituzionale (Corte Cost. n. 184 del 1986; Corte
 Cost. n. 372 del 1994) il danno risarcibile, di cui all'art. 2043 c.c.,
 essendo un danno conseguenza, come anche il danno morale di cui all'art.
 2059 c.c., non si identifica ontologicamente con l'evento illecito, ma e'
di
 esso conseguenza.

 Pertanto esso puo' verificarsi anche successivamente, e come tale,
non
 necessariamente nel luogo dell'evento illecito, generatore del danno
civile.

 Allorche' si adopera la locuzione forum commissi delicti, ci si
lascia
 influenzare da una visione penalistica della competenza, per la quale essa
 coincide con il luogo in cui il delitto si e' consumato e cioe', nei reati
di
 evento, con il luogo in cui tale evento si e' realizzato e, quindi il reato
 si e' consumato, poiche' in tal luogo si e' verificata la lesione
 dell'interesse tutelato.

 In tema di responsabilita' aquiliana, invece, il cosiddetto "evento
 dannoso", se lo si intende quale evento, conseguente alla condotta e
quindi
 generatore del danno, rientra ancora nel fatto illecito (vedasi punto
4.1.)
 e quindi, come tale, da solo (in assenza del successivo danno) non e'
idoneo
 a generare responsabilita' aquiliana.

 Il fatto illecito, in assenza di danno, non da' luogo ad alcuna
 responsabilita' aquiliana.

 Se lo si intende quale "evento di danno", esso si e' risarcibile ed e'
 quindi perfezionata l'obbligazione risarcitoria, ma e' solo una conseguenza
 dell'evento illecito (inteso quale ultima parte del piu' complesso fatto
 illecito).

 Sennonche', in questo caso, "evento di danno" altro non significa che
 danno patrimoniale effettivamente verificatosi per il fatto illecito
 consumato, e non solo potenzialita' di danno. Il discorso e' analogo per il
 danno morale di cui all'art. 2059 c.c.

 6.3. Solo nelle ipotesi in cui il danno attenga anche ad un diritto
 inviolabile della persona umana, costituzionalmente garantito (art. 2
 Cost.), come il danno biologico o anche lo stesso danno alla reputazione
 della persona umana in quanto tale (e non alla reputazione professionale,
 che costituisce un danno patrimoniale), oltre al danno morale ed al danno
 patrimoniale (tipici danni conseguenza), si puo' avere un cd. danno-evento
 (cfr. Cass. 10.5.2001, n. 6507).

 Da cio' consegue che, in una rigorosa applicazione sia dell'art. 2043
 c.c. (allorche' attiene a danni patrimoniali) che dell'art. 2059 c.c.,
poiche'
 non ci puo' essere obbligazione se non vi e' danno risarcibile e poiche' il
 danno risarcibile non si identifica con l'evento illecito generatore del
 danno (che e' solo una componente - insieme alla condotta ed al nesso di
 causalita' - del fatto illecito), il luogo in cui e' sorta l'obbligazione e'
il
 luogo in cui si e' verificato detto danno, patrimoniale o morale,
conseguente
 al fatto illecito.

 Solo nel caso di danno-evento, subito da una persona umana, (nella
 fattispecie: offesa alla reputazione personale, e non a quella
 professionale - cfr. Cass. n. 6507/2001) il luogo dell'evento illecito
 coincide con quello del predetto danno, mentre per il danno patrimoniale e
 per quello morale, detta coincidenza non e' egualmente automatica.

 6.4. Ne' questa interpretazione puo' essere sospettata di
 incostituzionalita' in relazione all'art. 25 Cost., in tema di giudice
 naturale, poiche' essa non e' altro che l'individuazione del giudice
 territorialmente competente (come foro facoltativo), ai sensi dell'art. 20
 c.p.c..

 Come ha statuito la Corte costituzionale (ord. 20 maggio 1998, n.
 176), il principio della precostituzione per legge del giudice naturale e'
 leso soltanto quando il giudice e' designato in modo arbitrario e "a
 posteriori", oppure direttamente dal legislatore in via di eccezione
 singolare alle regole generali, ovvero attraverso atti di soggetti ai
quali
 sia attribuito il relativo potere in violazione della riserva assoluta di
 legge stabilita dall'art. 25 comma 1 Cost., ma non anche qualora
 l'identificazione del giudice competente sia operata dalla legge sulla
 scorta di criteri dettati preventivamente, oppure con riferimento ad
 elementi oggettivi capaci di costituire un "discrimen" della competenza o
 della giurisdizione dei diversi organi giudicanti.

 Nel precetto dell'art. 25 Cost. non vi e' anche quello dell'unicita'
del
 giudice competente a decidere, ma solo della precostituzione di esso in
base
 ad elementi oggettivi, altrimenti la previsione di fori facoltativi, di
cui
 all'art. 20 C.P.C., gia' in astratto, sarebbe incostituzionale, poiche' essa
 prevede almeno altri due giudici competenti territorialmente ( quello del
 forum destinatae solutionis e quello del forum commissi delicti), oltre
 quello del foro generale di' cui agli artt. 18 e 19 C.P.C., rimettendo la
 scelta del giudice da adire all'attore.

 Da cio' consegue che, qualora dall'applicazione dei principi in tema
di
 individuazione del forum commissi delicti, per le peculiarita' della
 fattispecie, siano piu' i giudici territorialmente competenti, cio' non
 determina l'incostituzionalita' dell'art. 20 c.p.c., in parte qua, (o
meglio
 della norma come interpretata, sotto il profilo del diritto vivente, che
dia
 luogo a questa conseguenza), anche se non puo' disconoscersi l'opportunita'
di
 saggiare la validita' di altre possibili interpretazioni che detto
 inconveniente evitino.

 6.5. Nella fattispecie, poiche' il danno e' stato lamentato da una
 persona giuridica, e quindi non poteva che trattarsi -in ipotesi- di danno
 patrimoniale e danno morale ( ed in questi termini e' stata proposta la
 domanda), essendo questi danni-conseguenze, l'obbligazione e' sorta
 esclusivamente allorche' i predetti danni si sono verificati, sia pure
quale
 conseguenza dell'evento diffamatorio, e quindi l'obbligazione e' sorta nel
 luogo in cui, si e' verificato l'impoverimento (Cass. 5 giugno 1991, n.
6381)
 o si e' verificato il danno morale.

 Cio' comporta, che salva diversa situazione fattuale prospettata dal
 danneggiato con la sua domanda (ipotesi non ricorrente nella fattispecie)
,
 detti danni, se sussistenti, si sono verosimilmente prodotti nel luogo del
 domicilio del soggetto offeso.

 Infatti il danno risarcibile diventa concreto con riferimento agli
 effetti del discredito che derivano all'offeso danneggiato nel suo
ambiente
 prima e piu' che altrove.

 7.1. Le diverse possibili interpretazioni "del luogo in cui e' sorta
 l'obbligazione" risarcitoria per fatto illecito consumato tramite offesa
 alla reputazione in un sito o newsgroup Internet non sono sostenibili, a
 parere di questa Corte.

 Anzitutto non e' sostenibile quella prospettata dal giudice di
merito,
 secondo cui, poiche' non puo' accertarsi dove il primo visitatore abbia
 visitato il sito, il foro in questione, per illeciti via Internet, non
 sarebbe applicabile.

 Questa soluzione infatti costituisce in pratica un'interpretazione
 abrogante della norma, in ipotesi di danni da offese alla reputazione
 tramite Internet.

 7.2. Ne' e' sostenibile che la pubblicazione della notizia vada
 correlata all'allocazione della stessa, che viene effettuata sul server
del
 provider.

 Infatti, a parte il rilievo che il provider, anche se con sede in
 Italia, puo' avere servers in ogni posto del mondo e che non e' dato sapere,
 quanto meno dal danneggiato, su quale server sia stata allocata la
notizia,
 proprio per quanto sopra detto, l'immissione della notizia sul server e'
 attivita' che compie il danneggiante offensore, e finche', non viene
visitata
 da terzi, nessuno la conosce. Pertanto secondo questa ipotesi di
 interpretazione si finirebbe per aver un'obbligazione di risarcimento, per
 una notizia diffamatoria che, fino alla prima visita del sito, conosce
solo
 l'agente. Infine, come gia' detto, non puo' sostenersi l'equazione tra
 idoneita' della notizia a ledere l'altrui diritto alla reputazione e la
 lesione effettiva della stessa ed, inoltre, dei conseguenti danni
 patrimoniale e morale.

 7.3. Neppure puo' ritenersi, come sostenuto da qualche giudice di
 merito e da una parte della dottrina, che, tenuto conto del sistema di
 diffusione della notizia via Internet, la lesione del diritto deve
ritenersi
 verificata in tutti i luoghi in cui la diffusione della notizia avviene,
per
 cui, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., deve considerarsi competente ciascun
 giudice del luogo in cui si e' verificata la divulgazione medesima, idonea
a
 pregiudicare l'altrui diritto.

 Infatti questa tesi, a parte il vizio di origine di identificare il
 danno risarcibile ex artt. 2043 e 2059 c.c. con l'evento lesivo della
 reputazione (il che, se e' esatto per il danno-evento alla persona fisica,
 nei limiti sopra trattati, non lo e' per il danno patrimoniale e per il
danno
 morale, tipici danni-conseguenze), incorre nel grave inconveniente di
 rendere estremamente "ambulante" la competenza territoriale, attribuendo
 all'attore una discrezionalita' tale da sfociare in una liberta' assoluta,
 oppure - a contrariis - di rendere praticamente impossibile a quest'ultimo
 di provare che effettivamente il luogo indicato sia quello dove vi sia
stata
 la prima "visita" del sito da parte di uno degli indeterminati potenziali
 "visitatori".

 L'esigenza di evitare cio' e quella, gia' avvertita da questa Corte in
 tema di danni alla reputazione commessi attraverso la stampa, di fissare
un
 criterio certo al fine di individuare un giudice unico in tema di
 risarcimento del danno, basato sul luogo in cui e' sorta l'obbligazione (ai
 sensi dell'art. 20 c.p.c., rimanendo fermi - ovviamente - l'altro foro
 facoltativo di cui allo stesso articolo ed i fori generali di cui agli
artt.
 18 e 19 c.p.c.), rimangono soddisfatte dall'individuazione di tale
 competenza con quella del luogo in cui ha il domicilio il soggetto che ha
 subito i predetti danni patrimoniali e morali, proprio perche', essendo il
 domicilio "la sede principale degli affari e degli interessi" (art. 43,
c.1,
 c.c.) e' quello il luogo "principale" in cui si sono verificati gli effetti
 negativi dell'offesa alla reputazione.

 A tal fine va osservato che e' irrilevante l'obiezione che detto
 domicilio puo' mutare tra il momento in cui si e' verificato l'evento
 (rectius: il danno) ed il momento in cui e' proposta la domanda. Infatti
cio'
 che conta e' esclusivamente il domicilio del soggetto offeso al momento in
 cui e' sorta l'obbligazione, poiche' e' in quel momento che si e' prodotto il
 danno.

 Se contemporaneamente e' richiesto il risarcimento del danno morale e
 patrimoniale, oltre che del danno-evento dell'offesa alla reputazione
 personale effettuata tramite un sito o un newsgroup di Internet, la
 competenza territoriale rimane quella in cui si sono verificati i primi
due
 e cioe' il domicilio dell'offeso-danneggiato, per i principi
dell'unitarieta'
 del diritto al risarcimento del danno e del suo riflesso processuale
 dell'ordinaria infrazionabilita' del giudizio di liquidazione (Cass. n.
 10702/1998 ).

 8.1. L'interpretazione suddetta risponde a criteri che si pongono in
 armonia con quelli che, sebbene adottati dal legislatore per altre
 fattispecie e tali da escludere l'ipotizzabilita' di un'interpretazione
 analogica, tuttavia presentano indubbi punti di contatto con quella in
 esame.

 Con riferimento al criterio del "luogo in cui l'evento dannoso e'
 avvenuto", utilizzato dall'art. 5 n. 3 della convenzione di Lugano 16
 settembre 1988 sulla giurisdizione, ratificata dalla l.10 febbraio 1992
 n.198 - analogo all'art. 5 n. 3 della convenzione di Bruxelles del 27
 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione
 delle decisioni in materia civile e commerciale - la giurisdizione in
ordine
 ad una domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad una diffamazione
 internazionale a mezzo stampa appartiene, oltre che al giudice dello Stato
 del convenuto responsabile dell'illecito, anche al giudice del domicilio
del
 danneggiato o del luogo ove questi sostenga di aver subito un pregiudizio
 alla sua reputazione, quando la pubblicazione sia distribuita in questo
 Stato (Cass. S.U. 27 ottobre 2000, n. 1141; Corte giustizia comunita'
 Europee, 7 marzo 1995, n. 68; Parti in causa S. e altro c. Soc.(omissis).

 A tal fine va rilevato, anzitutto che, contrariamente a quanto
 sostenuto dalla sentenza impugnata, la nozione di "materia di delitti o
 quasi-delitti" di cui all'art. 5, n. 3, della convenzione di Bruxelles 27
 settembre 1968 va considerata come nozione autonoma comprendente ogni
azione
 che verte sulla responsabilita' del convenuto e che non si ricollega alla
 "materia contrattuale" ai sensi dell'art. 5, n. 1, della convenzione
(Corte
 giustizia comunita' Europee, 27 settembre 1988, Parti in causa K. c.
 (omissis).

 8.2. Inoltre le S.U. di questa corte hanno ritenuto che nell'ipotesi
 di delitti e quasi delitti, per "luogo in cui l'evento dannoso e' avvenuto"
 ai sensi dell'art. 5 n. 3, della convenzione di Bruxelles, deve intendersi
 anche quello in cui si determina l'evento danno e quindi l'impoverimento
 patrimoniale del soggetto che si pretende leso (Cass. civ., sez. un., 9
 giugno 1995, n. 6499).

 9.1. Un ulteriore argomento di sostegno dell'interpretazione
 prospettata si puo' trarre dai commi quarto e quinto dell'art.30 della
legge
 n. 223 del 1990 (disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e
privato),
 che ha individuato, con esclusivo riferimento ai reati di diffamazione
 commessi attraverso l'impiego del mezzo radiotelevisivo, il giudice
 territorialmente competente in quello del luogo di residenza della persona
 offesa, allorquando venga a quest'ultima attribuito un fatto determinato.

 Il Giudice delle Leggi, nel pronunciarsi per la legittimita'
 costituzionale di tale differente regolamentazione (Corte cost. n. 42 del
23
 gennaio 1996), ha trovato la sua giustificazione nella particolare natura,
 forza e diffusivita' del mezzo impiegato e nell'esigenza d'attenuare
 l'evidente squilibrio delle posizioni che, nell'azione diffamatoria
 consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, e' dato constatare
tra
 chi commette il reato e chi si trova, invece, a subirne le conseguenze
 lesive; sicche', l'individuazione del giudice competente con riferimento al
 luogo di residenza della persona offesa (anziche' al luogo di consumazione
 del reato, come prescritto dal primo comma dell'art. 8 c.p.p.) appare
 giustificata in quanto strumento destinato a rendere piu' agevole la
 possibilita' di reazione del soggetto leso che, presso il giudice del luogo
 della propria residenza, sara' in grado di attivarsi a difesa della propria
 reputazione, con minore dispendio di tempo e di risorse economiche.
 Peraltro, il giudice del luogo di residenza della persona offesa puo'
 ritenersi l'organo piu' idoneo al giudizio, in relazione alla sua
presumibile
 vicinanza con il luogo di svolgimento di quei fatti determinati, la cui
 attribuzione integra il reato di diffamazione aggravata. Infine,
 nell'ipotesi di accertata sussistenza dell'azione diffamatoria, la
sentenza
 di condanna, ove adottata nel luogo di residenza del soggetto leso, sara'
in
 grado di avere una maggiore efficacia riparatoria, collegata alla piu'
ampia
 conoscenza che la stessa sentenza potra' ottenere nell'ambiente sociale
 normalmente frequentato da tale soggetto.

 9.2. Ne' si puo' ritenere che proprio questo speciale intervento del
 legislatore dimostri come, senza una specifica disposizione in materia
 civile, sia impossibile giungere all'interpretazione, qui sostenuta
 dell'art. 20 c.p.c. (cfr. Cass. n. 13042 del 1999).

 Infatti l'intervento del legislatore era necessario nell'ambito
 processualpenalistico, in quanto, stanti i principi che presiedono alla
 competenza penale, essa va determinata con riferimento al luogo in cui il
 delitto si e' consumato e quindi, nei reati di evento, al luogo in cui
 l'evento si e' verificato (art. 8 c.p.p.).

 In materia civile, invece, il luogo rilevante, ai fini del sorgere
 dell'obbligazione risarcitoria da fatto illecito, e quindi del foro
 facoltativo di cui all'art. 20 c.p.c., non e' il luogo dell'evento illecito
 ma il luogo del danno conseguente ( o se si vuole del successivo evento di
 danno), per cui proprio dal coordinamento dell'art. 20 c.p.c. e degli
artt.
 2043 e 2059 c.c., si giunge alla suddetta interpretazione, senza la
 necessita' di un ulteriore intervento legislativo.

 9. Pertanto, poiche' il luogo del domicilio dell'attrice, che assume
di
 aver subito danni patrimoniali e danni morali dalle espressioni, assunte
 come offensive ed attribuite al convenuto nell'ambito di newsgroup posto
in
 Internet, e' Lecce, competente territorialmente a decidere la causa e' il
 tribunale di Lecce.

 Esistono giusti motivi, attesa la novita' della questione, per
 compensare per intero tra le parti le spese di questo giudizio di
 cassazione.

 PER QUESTI MOTIVI

 Dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Lecce. Compensa
 per intero tra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.